Chiede giustizia la mamma di Michele Dinoi, il 18enne di Manduria che il 27 settembre del 2017 fu trovato privo di conoscenza con la testa incastrata dentro la ringhiera di casa. Il sostituto procuratore di Taranto ha chiesto l’archiviazione del caso. Sulla morte del giovane sono aperti due procedimenti, uno alla Procura di Taranto per omicidio, a carico di ignoti, e l’altro per colpa medica a Lecce, dove era stato ricoverato in una clinica, nei sei mesi in cui era rimasto in coma. “Procura troppo frettolosa nel richiedere l’archiviazione del caso” commenta l’avvocato Francesco Miraglia, al quale la mamma del giovane si è rivolta, nel tentativo di ottenere giustizia dopo due lunghissimi anni senza risposte.
Quella sera del 27 settembre di tre anni fa il 18enne aveva dei segni attorno al collo ed era rimasto senza respirare troppo a lungo: i sanitari riuscirono a far riprendere il battito cardiaco, ma la prolungata assenza di ossigeno aveva lesionato irreversibilmente il suo cervello. Michele rimase in coma sei mesi, fino a quando il suo corpo cedette il 24 marzo dell’anno successivo. L’autopsia rivelò che la causa dell’asfissia fu lo strangolamento, ma non era chiaro se a determinarlo fosse stato un gesto volontario di Michele, che avrebbe infilato la testa nella ringhiera nel tentativo di togliersi volontariamente la vita: oppure se la testa, in quel buco, gliela avesse infilata qualcuno, che poi gli aveva tenuto premuti il capo e la gola fino a soffocarlo. Le indagini non hanno finora portato a individuare alcun colpevole.
«La Procura a nostro avviso è troppo frettolosa nel voler richiedere l’archiviazione del caso» prosegue l’avvocato Miraglia, «anche perché, come si fa a condurre adeguatamente un’indagine senza sentire i famigliari della vittima? Nessuno, ad esempio, ha mai parlato con la mamma, che pure dei fortissimi sospetti li aveva, eccome. Perché non ascoltarla e verificare i suoi sospetti? Se hanno latitato nelle indagini, rapidissime sono state invece nel comunicare alla mamma di Michele la richiesta di archiviazione del caso, con un pessimo tempismo: appena pochi giorni dopo il deposito da parte sua di un esposto indirizzato a entrambe le Procure di Taranto e Lecce, relativamente ai relativi procedimenti penali. Prima di archiviare il caso, chiediamo quindi di sentire la madre e i suoi parenti e lanciamo un appello al ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede: una madre attende da due anni di conoscere come è morto suo figlio e un ragazzo di diciotto anni merita giustizia».