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Bari, anche in viale Unità d’Italia il dramma dei negozi chiusi

Si abbassano anche le saracinesche di alcuni bazar cinesi. I costi di affitto partono da 800 euro

Pubblicato da: Adalisa Mei | Gio, 22 Febbraio 2024 - 13:11

Anche viale Unità di Italia, una delle arterie principali del quartiere Carrassi, non è esente dalla crisi commerciale che sta colpendo la città. Le saracinesche abbassate sono tante. Tantissime. Il colpo d’occhio è preoccupante. Hanno chiuso centri estetici, profumerie e negozi di abbigliamento. Anche molti bazar cinesi hanno sospeso l’attività.

Si contano ad oggi sette locali che sono pronti per essere affittati in tutta la lunghezza di  una delle strade storiche dello shopping barese. Si tratta tra l’altro di locali commerciali ormai sfitti da mesi, anche più di un anno. Non sono esosi tra l’altro i costi dei fitti: per immobili di 85 mq la richiesta è all’incirca di 800 euro. Si raggiungono i 1700 euro per negozi di circa 250 mq. Sul corso resistono gli store più importanti e storici. E alcuni brand nuovi e più in voga. La fotografia delle vetrine abbassate è la rappresentazione dello stato di difficoltà in cui vive il commercio barese. E non solo.

I piccoli negozi ormai non riescono a resistere all’egemonia della grande distribuzione e delle vendite online e l’aria diventa complicata soprattutto per i piccoli negozi di quartiere, quelli di prossimità. La stessa Confesercenti l’ha definita “una situazione pesante soprattutto per le imprese che operano su piccole superfici”. Va anche sottolineato che per le imprese della distribuzione, in particolare quelle di più piccole dimensioni, hanno sulle spalle margini ridotti e quote di mercato continuano ad assottigliarsi ed è sempre più difficile restare sul mercato. “La distribuzione tradizionale, nei negozi fisici, dei prodotti appartenenti al settore moda è da sempre stata considerata un fiore all’occhiello del Made in Italy – spiega infatti Benny Campobasso, Presidente di Fismo Confesercenti. Tuttavia, alla luce di varie situazioni contingenti che sono venute a realizzarsi nell’ultimo decennio, il settore versa in uno stato di profonda crisi. Solo nel 2023 per ogni nuova impresa che ha aperto, quattro hanno cessato l’attività”.

 

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