L’ADHD, ovvero Attention Deficit Hyperactivity Disorder e dunque Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività, è spesso percepito come un limite.
Ma se osserviamo da vicino alcune delle menti più brillanti del panorama musicale, scopriamo che per molti artisti questo “caos interno” è stato il trampolino di lancio per carriere straordinarie.
L’ADHD è un disturbo del neurosviluppo che si manifesta con difficoltà di concentrazione, impulsività e iperattività. Può rendere complesso seguire schemi rigidi o mantenere l’attenzione su attività ripetitive… ma può anche aprire le porte a una visione del mondo unica, più sensibile, più veloce, più intensa.
L’iperfocalizzazione, condizione tipica dell’ADHD, può diventare una risorsa potentissima quando si scrive, si produce o si suona. Ci sono infatti moltissimi artisti che hanno fatto dell’ADHD un alleato piuttosto che un nemico.
Prendiamo ad esempio Will.i.am dei Black Eyed Peas che ha parlato apertamente della sua diagnosi, sottolineando come la musica sia stata per lui un’ancora: “Il ritmo è stato il mio ordine in mezzo al disordine”, oppure Justin Timberlake che ha rivelato di convivere sia con l’ADHD che con il disturbo ossessivo-compulsivo. Due condizioni che, insieme, hanno alimentato il suo perfezionismo e la sua dedizione assoluta alla musica.
Anche il frontman dei Maroon 5, Adam Levine, ha raccontato delle difficoltà vissute da ragazzo e di come scrivere e suonare sia diventato uno sfogo costruttivo.
In un’industria che premia chi rompe gli schemi, l’ADHD non è solo sopportabile: è spesso una marcia in più. L’energia, la sensibilità, il bisogno di esprimersi sono tratti che molti artisti con ADHD portano con sé sul palco, nei testi, nelle scelte creative.
E allora forse è il caso di cambiare prospettiva e affermare che, non “nonostante” l’ADHD, ma grazie all’ADHD, alcuni artisti riescono a creare mondi sonori così unici e potenti.