“La segreteria del SAPPE, sindacato autonomo polizia penitenziaria, ritiene a questo punto che sia troppo facile archiviare la vicenda del carcere di Bari, come l’ennesimo episodio di violenza nei confronti di un detenuto con problemi psichiatrici da parte di aguzzini torturatori che se la ridono, quasi fosse la scena di alcuni film sulla violenza in carcere”. Sono queste le parole del sindacato della polizia penitenziaria a seguito degli arresti e delle sospensioni per presunti atti di violenza nei confronti di un detenuto, avvenuti nel carcere di Bari.
“Chiediamo ciò – si legge in una nota – per amore di verità e giustizia, poiché non possiamo pensare che dei normali padri di famiglia onesti e perbene, che da decenni che per 1600 euro al mese vengono aggrediti con minacce, sputi e qualche lesione, siano completamente impazziti. Finora ha parlato solo l’accusa tirando fuori immagini cruente che comunque devono essere stigmatizzate, poi sarà la difesa a controbattere , però a noi interessa capire perché si è arrivati a questo punto. E per fare ciò crediamo che gli investigatori non debbano andare lontano, poiché nel mese di settembre proprio il SAPPE depositò presso la procura di Bari due esposti che possono spiegare a nostro parere, cosa sia successo. Il primo chiamava in causa i capi del DAP poiché dopo aver previsto un organico di poliziotti penitenziari per gestire un certo numero di detenuti , ne ha aumentato la capienza del 55%, senza però provvedere a rivedere l’organico che, anzi è diminuito in maniera paurosa.
Tutto ciò oltre a non consentire ai poliziotti di poter fruire dei diritti spettanti in maniera continua, quali riposi e ferie, li costringe anche ad effettuare turni di lavoro di 8,10,12 ore occupando più posti di servizio contemporaneamente con grandissimo stress, in quanto svolti in ambienti non proprio rilassanti. Invitiamo – si legge ancora – il garante dei detenuti, politici e giornalisti a passare qualche ora insieme all’unico poliziotto che nelle ore serali e notturne deve gestire fino a tre piani da solo, per vedere l’effetto che fa. Nell’esposto vengono poi rappresentate tutta una serie di situazioni molto delicate e massacranti per i poliziotti.
Il secondo esposto invece riguarda la gestione e la cura dei detenuti psichiatrici che invece di essere ristretti in infermerie o reparti attrezzati con medici ed infermieri adeguati, vengono ospitati nelle normali sezioni detentive insieme agli altri detenuti, con il poliziotto che oltre a far fronte agli innumerevoli impegni giornalieri di una popolazione sovraffollata, ne ha la responsabilità. Anche in questo caso abbiamo dettagliato tutta una serie di situazioni. Noi riteniamo che il detenuto in questione “non doveva” stare in quel posto, poiché ci è stato riferito che sarebbe stato trasferito da un altro carcere sempre per motivi “precauzionali ”, per cui doveva essere controllato più attentamente da specialisti in altri ambienti più sicuri per tutti, e non in una normale sezione detentiva ove poteva facilmente venire in possesso di cose che possono fare male a se od agli altri(cosa che è avvenuta).
Diciamo ciò non per aiutare dei valorosi colleghi che quella notte hanno evitato una tragedia senza perdere il controllo, poiché hanno gestito molti detenuti (130 + il detenuto psichiatrico ) che erano usciti fuori di testa, ma perché vogliamo evitare che situazioni di grande stress miscelate con le responsabilità di chi dovrebbe permettere ai poliziotti di lavorare con un po’ più di serenità, e di chi dovrebbe garantire livelli di cura adeguate nella gestione dei detenuti psichiatrici, possano tradursi in eventi deprecabili che secondo noi, non sono stati determinati dalla premeditazione dei lavoratori, ma da tutta una serie di situazioni molto più delicate e complicate.
Ciò al fine di evitare che possano accadere altri episodi del genere, non solo a Bari ma in qualsiasi altro carcere nazionale, a meno che non si parti dalla convinzione che i poliziotti penitenziari siano degli orchi, che non vedono l’ora – conclude la nota – di andare a lavorare nel carcere per picchiare brutalmente i detenuti per loro soddisfazione personale”.