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Università, a Bari solo 23 ricercatori

Pubblicato da: Samantha Dell'Edera | Mer, 22 Marzo 2023 - 08:57

BARI – L’Università Aldo Moro di Bari e il Politecnico potranno assumere a tempo determinato rispettivamente 18 e 5 ricercatori. Ventitré contratti da stipulare su due atenei che accolgono quasi 70mila studenti. A deciderlo è stato il ministero dell’Istruzione e Università con il suo ultimo decreto con il quale distribuisce 97 milioni di euro, penalizzando, ancora una volta, il Sud. Basti pensare che se Bari ha avuto 23 ricercatori in totale per due università, il solo ateneo di Bologna ne ha avuti 50, La Sapienza 47, Firenze 28.

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Secondo quanto recita il decreto, ad ogni istituzione viene attribuita una quota fissa di due posti, per complessivi 132, e poi altri 729 posti da distribuire in base al valore degli indicatori relativi alla Vqr (valutazione della qualità della ricerca complessiva) e della Vqr relativa alle politiche di reclutamento. Ma il sistema di valutazione scelto risale ai risultati del 2004.

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“Secondo i criteri fissati dal Ministero – spiega Eugenio Di Sciascio, rettore del Politecnico – noi come Politecnico dovevamo avere cinque posti e quelli abbiamo avuto. Il problema sta proprio nei criteri: come si fa a prendere una decisione affidandosi ad una valutazione della ricerca vecchia di 12 anni? Come al solito il Sud viene continuamente penalizzato”.

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Polemiche anche da parte dell’Udu. “Gli 861 ricercatori sono ripartiti in maniera non equa _ spiegano gli studenti –  409 andranno alle Università del Nord, 206 alle Università del Centro, mentre solo 245 verranno assunti nelle Università del Sud”. “Il Governo – dichiara Jacopo Dionisio, coordinatore nazionale dell’UdU – vanta questo provvedimento in ottica esclusivamente propagandistica e con l’utilizzo di questo modello di riparto fornisce agli atenei infime possibilità di reclutamento e prosegue una serie di politiche universitarie fortemente penalizzanti per il Sud. Dal 2010 ad oggi sono stati persi nelle Università italiane ben 7503 ricercatori, professori associati e ordinari, che non sono stati sostituiti a causa dei tagli, della critica ripartizione dei punti organico e del blocco del turnover. Un così scarso ricambio significa costringere gli Atenei a due scelte: alzare le tasse universitarie e chiudere i corsi di laurea”.

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