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Ragazzi selvaggi e lo sviluppo del linguaggio

Pubblicato da: dott.ssa Federica Dileone | Mer, 22 Marzo 2023 - 09:17
Bambini Selvaggi Storie Orig Main

In una capanna sugli alberi, nel bel mezzo della Giungla, un bimbo sta piangendo. Kala, un gorilla femmina, scopre che è tutto solo e decide di tenerlo con sé.  “Sarò la tua mamma…” dice Kala. “Lo chiamerò Tarzan”.rnrnTarzan è un personaggio immaginario e rappresenta un po’ l’archetipo del “ragazzo selvaggio”, cresciuto in una foresta e allevato da animali, uniche creature con le quali parla e si relaziona, finché, una volta ragazzo, conosce gli umani. Se fosse stato un personaggio reale, avrebbe mai potuto imparare a parlare una volta entrato a far parte della civiltà?rnrnDiversi studiosi ritengono che i bambini siano particolarmente sensibili all’apprendimento della lingua materna nel periodo compreso tra i 2 anni e la pubertà; superata la fase adolescenziale dovrebbe risultare davvero molto difficile riuscire ad imparare a parlare in maniera fluida la lingua materna. Per averne la certezza sarebbe stato molto utile avere tanti veri Tarzan o Mowgli, ma loro fanno parte soltanto del mondo fantastico. Un’altra opzione potrebbe essere prendere dei neonati, segregarli ed effettuare una completa deprivazione ambientale, ma per fortuna non sarebbe etico.rnrnTuttavia esiste qualche caso reale di “ragazzo selvaggio”.rnrnNel 1798 nel distretto di Aveyron in Francia fu trovato, mentre vagava nei boschi, un ragazzino di 12 anni, Victor. Era completamente nudo e sporco, e tendeva ad avere comportamenti aggressivi con chiunque tentasse di avvicinarsi a lui. Victor non parlava, al massimo mugolava mentre mangiava. La situazione era a dir poco strana e confusionaria. C’era chi riteneva che avesse una disabilità intellettiva, chi riteneva che fosse sordo. Jean Itard, un giovane medico, decise di occuparsi della sua educazione a partire dall’insegnare piccoli gesti quotidiani, come vestirsi e capire l’utilità di un vestito, completamente sconosciuti al ragazzo abituato a vivere da solo nei boschi. L’obiettivo più difficile da raggiungere fu insegnargli a parlare. Nonostante Itard avesse dimostrato che l’udito di Victor fosse buono, gli unici risultati che riuscì ad ottenere furono la produzione di brevi parole o piccolissime frasi.rnrnEsiste purtroppo anche un caso più recente: Genie, una bambina americana segregata dai genitori in una stanza semibuia da 20 mesi a 13 anni, tenuta sempre legata ad un seggiolone o sdraiata ad un lettino-gabbia. Quando fu trovata era gravemente denutrita, non riusciva a stare in posizione eretta e non emetteva suoni. Dopo un lungo periodo di insegnamento si è visto che Genie ripercorreva tutte le normali tappe dello sviluppo linguistico, ma alla fine di tutto il periodo di osservazione il suo livello di sviluppo linguistico era paragonabile a quello di un bambino di 3-4 anni.rnrnGli studi in vivo sono davvero pochi, ma è possibile concludere con molta probabilità che è possibile apprendere la lingua materna anche dopo la pubertà; tuttavia è molto probabile che persistano gravi difficoltà e che quindi il sistema linguistico rimanga incompleto.

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