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Viaggio ne “Il flauto magico”, la favola massonica di Mozart

Pubblicato da: Francesca Romana Torre | Mer, 22 Marzo 2023 - 19:27

Il flauto magico: favola per bambini o racconto massonico? Messa in scena del 1791, anno della morte di Wolfgang Amadeus Mozart, l’opera è considerata dalla critica una sorta di suo testamento spirituale. Sappiamo, in effetti, che Mozart era un membro della società massonica viennese e che, in più occasioni, dedicò la sua arte alla filosofia che ne è alla base. Il musicista fu iniziato dalla loggia Zur Wohltätigkeit (Alta Beneficenza) il 14 dicembre 1784: a questo primo apprendistato seguì la promozione – il 7 gennaio 1785 – al ruolo di compagno, che culminò probabilmente il 13 gennaio nella promozione a maestro. Insieme a lui, in date pressoché coeve, fu iniziato anche il padre Leopold.

Il flauto magico

Ambientato in un fantasioso antico Egitto, Il flauto magico ha una trama complessa e ricca di dettagli. La scena si apre col combattimento del coraggioso principe Tamino contro un drago o, secondo alcune interpretazioni, un serpente gigante. Il giovane non riesce a sconfiggerlo e perde i sensi durante la lotta: a salvarlo ci penseranno tre dame dai grandi poteri magici, al servizio di Astrifiammante, la Regina della Notte. Allontanatesi per avvertire la padrona del valore dimostrato dal principe Tamino, le dame lasciano il ragazzo tramortito in compagnia di Papageno, un bizzarro uccellatore vestito di piume che lo inganna, spacciandosi per suo salvatore. Il bluff di Papageno è presto svelato e punito con un simbolico lucchetto sulla bocca bugiarda dell’uomo: la parola passa alla Regina della Notte, che chiede l’aiuto di Tamino per cercare e liberare la figlia Pamina, rapita dal malvagio Sarastro. Il principe, colpito dalla bellezza della fanciulla, si mette subito in viaggio in compagnia dell’ormai amico Papageno. Quello che aspetterà i due personaggi è uno straordinario percorso di iniziazione, il cui obiettivo è la vittoria della Luce sul Buio e della saggezza sull’oscurantismo e la superstizione.

È un tempio la Natura, dove a volte parole/escono confuse da viventi pilastri/e che l’uomo attraversa tra foreste di simboli/che gli lanciano occhiate familiari (C. Baudelaire)

Il giorno e la notte, simboleggiati dalle figura antitetiche di Astrifiammante e Sarastro, rappresentano i due poli tra i quali il protagonista compie il suo percorso verso la conquista dell’amore e della saggezza. Le analogie con l’iniziazione dello stesso Mozart nella loggia massonica viennese, appaiono –  a questo punto – piuttosto esplicite; districarsi nell’intricata foresta di simboli di quest’opera, però, non è impresa semplice. Un aiuto ce lo fornisce l’introduzione alle vicende rappresentate in scena, ovvero gli eventi che hanno portato alla nascita di Pamina e del Flauto magico. La Regina della Notte era, allora, unita in matrimonio a un Re solare, colui che intaglia il flauto dal legno di una quercia millenaria, durante una terribile tempesta. Tra Notte e Giorno vigeva, allora, una sorta di equilibrio in cui – ognuno occupandosi dei fatti propri – ci si adattava a una non belligeranza ideale. Alla morte del Re, avviene la rottura dualistica tra Luce e Tenebre, accentuata anche dall’appropriazione di Pamina e del Settemplice cerchio solare (simbolo del potere “diurno”) da parte di Soroastro, il cui nome ci conduce inequivocabilmente al culto Zoroastriano.

L’iniziale investitura di Tamino da parte della Regina della Notte – la cui simbologia racchiude ciò che di negativo è associato all’idea di “oscurità”, quindi l’ignoranza e la superstizione – e il suo graduale comprendere da che parte sta il bene (capovolgendo totalmente l’idea iniziale), è, quindi, una rappresentazione allegorica dell’Uomo che, con la ragione, riesce a smascherare gli inganni della sua epoca e a raggiungere un Sapere universale.

Altre conquiste spettano, invece, al compagno di Tamino, colui che è un po’ la linea comica dell’opera: Papageno. Il suo attaccamento ai beni materiali, gli impedisce di godere della luce piena della Conoscenza; la sua, però, apparentemente non è una vita infelice, poiché a obiettivi mediocri corrispondono analoghe ricompense. Il lieto fine giunge anche per lui, con l’amore della giovane e bella Papagena e la conquista di una felicità che viaggia su un livello differente, quello ben più concreto dell’uomo comune.

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