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Dimissioni dei sindaci candidati alla Regione: “Limitazioni legittime”

Il commento del consigliere Anci, Carrieri

Pubblicato da: redazione | Lun, 19 Maggio 2025 - 16:17
giuseppe carrieri

Ospitiamo l’intervento del consigliere comunale e consigliere nazionale Anci, Giuseppe Carrieri, in merito alla norma sulle dimissioni dei sindaci candidati alla Regione.

“La normativa elettorale pugliese, ha qualche mese fa previsto che i Sindaci debbano dimettersi 6 mesi prima la data delle elezioni regionali qualora intendano candidarsi al consiglio regionale; non più –come oggi previsto- all’atto della presentazione ufficiale della propria candidatura (circa 30 giorni prima la date delle elezioni).

Questa previsione normativa pugliese (dimissioni 6 mesi prima) è già sancita in alcune leggi di altre Regioni: Campania, Abruzzo, Friuli Venezia Giulia, etc., e mai è stata dichiarata incostituzionale; discriminatoria; lesiva dei diritti umani o altro!!!!

Non di meno -tutta una certa parte politica che ha in corso la costruzione di una “lista dei sindaci” a sostegno del futuro candidato Presidente della Puglia per il centrosinistra- da tempo (con il supporto dei media) ha organizzato una massiccia campagna di disinformazione per arrivare a cancellare questa buona e giusta novità legislativa. Tanto, all’evidente scopo di potersi essi stessi candidare, con la fascia tricolore ben addosso.
Una campagna disinformativa fondata su una serie di argomentazioni (ingiustizia/discriminazione/lesione dei principi di uguaglianza e di accesso alle cariche elettive); e financo sulla tesi della l’illegittimità costituzionale della norma. Tesi e argomentazioni gravi che, debbono e possono essere confutate!
Per far ciò, possono utilizzarsi i principi, le affermazioni e le statuizioni che i Giudici Costituzionali hanno negli anni già utilizzato per difendere i limiti che la legge ha introdotto alla ricandidabilità dei Sindaci (non più di 2 volte). In tema è da ricordare che in più occasioni la Corte Costituzionale ha affermato -alla luce dall’evoluzione normativa e giurisprudenziale- che i limiti alla ricandidabilità dei Sindaci si giustificano essendo punto di equilibro tra plurime esigenze di rilievo costituzionale ed essendo necessario garantire ulteriori fondamentali diritti e principi costituzionali quali: l’effettiva par condicio tra i candidati; la libertà di voto dei singoli elettori; la genuinità complessiva della competizione elettorale; il fisiologico ricambio della rappresentanza politica onde evitare eccessi di professionismo amministrativo.
Ha aggiunto (sempre la Corte) che la legge che introduce limiti alle candidature preserva e tutela anche il principio di cui all’art. 51 Costituzione, posto a garanzia generale ed effettiva di un diritto politico fondamentale di libertà di accesso a cariche elettive apicali riconosciuto ad ogni cittadino, rispetto a figure (i Sindaci), dotate di particolari proprie prerogative/poteri che altri soggetti politici e/o semplici Cittadini non hanno assolutamente!
La Corte Costituzionale ha inoltre più volte ricordato che l’esercizio prolungato del potere è fatalmente destinato a “consolidare un forte legame con una parte dell’elettorato, connotato da tratti peculiari di prossimità”, cioè, in altre parole, a favorire le clientele. Il che, ovviamente, riduce le possibilità di elezione di chi non vanta analogo “radicamento”; e nel contempo non favorisce l’uguaglianza “sostanziale” delle chance dei concorrenti alla carica da eleggere; stante il possibile ruolo invasivo (di un sindaco in carica sino a pochi giorni prima le elezioni) esercitato sulla libertà del corpo elettorale.
In definitiva, quindi, in tale situazioni è ben legittimo introdurre limitazioni per “evitare eccessive possibili incrostazioni e concentrazioni personali di potere; per favorire il ricambio della classe dirigente locale; per evitare eccessi di professionismo amministrativo; per agevolare la libera e genuina espressione del voto popolare, nonché la primaria esigenza della autenticità della competizione elettorale”; e ciò in ragione della “peculiare pervasività dei poteri sindacali che potrebbero essere utilizzati per distorcere la competizione elettorale ed alterare le pari opportunità fra tutti i competitori”.
Alla luce di quanto già esistente in giurisprudenza, si è in presenza e sussistono quindi argomentazioni esattamente opposte a quelle prospettate da chi si sta fortemente lamentando in queste settimane. Argomentazioni che smontano sostanzialmente le errate tesi e le suggestioni divulgate sui media. Sulla cui genuinità e obiettività –peraltro- sussistono forti dubbi, stante l’evidente interesse personale sulla questione da parte dei Sindaci che le stanno propagandando.
Insomma una caduta di stile, che si somma all’assoluta infondatezza (anche giuridica) delle prospettazioni avanzate per tentare di ottenere l’abolizione di un limite di legge correttamente introdotto a tutela della democrazia; dei competitors; dei semplici Cittadini che hanno diritto di candidarsi -e soprattutto di poter essere eletti- alle stesse condizioni di chi invece vuole portare sino all’ultimo una fascia tricolore addosso, cosi’ essendo evidentemente più forte, più autorevole, più visibile!
Una caduta di stile peraltro ancor più grave, ove si pensi alla clamorosa violazione del patto elettorale stretto dai Sindaci con i propri Cittadini, che hanno scelto ed eletto quel Sindaco per governare una comunità. Non certo per permettergli di meglio candidarsi alla Regione o ad altra carica, in costanza del mandato!”

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